Ningxia in crescita qualitativa con vini che si stanno imponendo alla critica mondiale solo in questi ultimi anni, nonostante la tradizione vinicola molto antica. La Cina è diventata il secondo vigneto al mondo per superficie (dopo la Spagna). Siamo nella parte centro-settentrionale del paese, al confine con il deserto del Gobi e ai piedi delle Helan Mountains, uno dei territori con le cantine più promettenti e fra i più attivi a livello mondiale. Un’area storicamente depressa ma ricca di bellezza naturalistica, dove le viti vengono interrate nei mesi invernali per proteggerle dal freddo. Una regione decisamente colpita dal Covid-19, ma i cinesi sono maestri nel superare le difficoltà o meglio a trovare delle opportunità in situazioni di crisi. La produzione locale di vino non si è mai fermata nonostante la pandemia, grazie anche al sostegno dello stato cinese. Il Partito comunista, al di là della situazione emergenziale vissuta, investe milioni di yuan ogni anno convinto che gli investimenti massicci nei vigneti possano trasformare le campagne in destinazioni turistiche, che a loro volta giustificano investimenti infrastrutturali. Ha fatto il giro del social WeChat la foto del presidente Xi Jinping di recente in visita in una cantina in Ningxia (Yuanshi) e in questi giorni si dibatte di un sentimento nazionalista a bere cinese, qualcosa che suona come “Chinese people to drink chinese wine”, che però pare non trovare seguito (http://www.grapewallofchina.com/2020/06/11/14281/).
Opportunità, dicevamo. Il Fmi prevede una crescita del Pil cinese dell’1,2%, molto inferiore al 6% del 2019, ma se paragoniamo la crescita cinese a quella degli altri Paesi del mondo, il gap è notevole: per l’Italia le attese sono di un calo di oltre il 10% nel 2020, per gli Usa si prevede una decrescita del 6% e nel mondo un -3%. Il fatto che la Cina riesca a restare in positivo è un dato significativo.
I cinesi in questi anni sono stati molto bravi ad investire in figure professionali specializzate reclutandole nel mondo occidentale – viticoltori, enologi, esperti di marketing – e a studiare, a capire come correggere il tiro. E oggi i vini sono sempre più interessanti. In Ningxia sono 40mila gli ettari vitati, per circa 120 milioni di bottiglie, ma il dato è in crescita perché nuove aziende vinicole sono in costruzione: si stima entro il 2022 una produzione di 500 milioni di bottiglie. I vitigni più diffusi sono malbec, pinot nero, chardonnay, riesling e accanto a queste varietà più note, dove l’impatto della Francia è forte, troviamo anche il marselan, che è diventata un’uva molto popolare. Aveva attirato per la prima volta l’attenzione della critica, ispirando altri viticoltori cinesi, Zhang Jing con il suo Jia Bei Lan 2009, un Cabernet Sauvignon stile Bordeaux che aveva ricevuto un premio d’onore al Decanter World Wine Awards in gara nella categoria Bordeaux Varietal Over £10. I vini crescono soprattutto sul mercato interno, che i produttori cinesi puntano a consolidare viste le dimensioni del paese. Ningxia sempre più appetibile: qui hanno investito LVMH e Pernod Ricard, per citarne un paio, ma ci sono investimenti anche dall’Italia, dal Sud Africa e dall’Australia.
Un altro problema aperto è di come la Cina stia affrontando la sfida ambientale essendo il più grande produttore al mondo di gas serra (brucia la metà delle riserve mondiali di carbone). Inquinamento che si era visto in calo dopo il lockdown imposto dal governo cinese. Produrre vino e rispettare l’ambiente sono le nuove sfide globali per il Paese di mezzo.