Di Riccardo Cotarella si sa praticamente tutto. Una carriera costellata di successi invidiabili: presidente di Assoenologi e copresidente degli enologi internazionali (Union Internationale des Enologues), professore universitario di Enologia e Viticoltura all’Università della Tuscia di Viterbo, svariate consulenze enologiche in giro per il mondo (anche sull’isola di Maiorca). Portano la sua firma i vini, tra gli altri, di Bruno Vespa e Massimo D’Alema e fra gli ultimi arrivati c’è anche Brunello Cucinelli, imprenditore visionario della moda che a Solomeo, a pochi chilometri da Perugia, non ha creato solo una cantina ma un’oasi rinascimentale fra ulivi e vigneti coltivati a sangiovese, montepulciano, cabernet sauvignon e merlot. Per Cucinelli potrebbe essere pronta già nel 2021, da annata 2018, una sola etichetta.
Questa intervista la realizziamo ieri, mentre Cotarella è in viaggio verso l’Abruzzo, in un continuo confronto con la vigna, perché “è da lì che si parte”. In Oltrepò Pavese, dove segue dal 2019 i vini della cantina La Versa, non è mai mancato all’appello: ore tra i filari sotto il sole a monitorare personalmente la maturazione dell’uva. Così, tanto per dire che i risultati non arrivano mai  a caso.

Riccardo Cotarella, che vendemmia dobbiamo aspettarci?

Stiamo elaborando i dati insieme a Unione Italiana Vini ed Ismea. I rilevamenti li facciamo zona per zona. Quello che mi sento di dire oggi è che la produzione dovrebbe essere normale da un punto di vista quantitativo. Non ci saranno eccessi verso l’alto né grandi riduzioni. Qualitativamente, le differenze sussistono già a distanza di pochi chilometri. Il clima sempre più tropicale subisce sbalzi importanti e in spazi anche ravvicinati, quindi diventa fondamentale l’opera degli enologi che in qualche modo attraverso pratiche in vigna e la conoscenza approfondita del ciclo vegetativo della pianta riescono a mitigare gli estremi del cambiamento climatico e del riscaldamento globale. Se dovessi fare una previsione molto approssimativa direi che sarà una vendemmia da buonissima a eccezionale. Ma teniamo le dita incrociate.

Una misura prevista dal Governo è la riduzione volontaria delle rese del 15% per i vini Do e Ig…

Le misure governative avranno il loro peso, ma al di là di allarmismi assolutamente ingiustificati le giacenze in cantina della vecchia annata al 31 luglio 2020 sono inferiori a quelle del 31 luglio 2019. A quanto detto dobbiamo aggiungere quello che verrà tolto dalla distillazione di crisi e dalla vendemmia verde, con cui si punta ad eliminare dal mercato circa 3,5 milioni di ettolitri. A livello di giacenze e di produzione non c’è quindi nessun allarmismo. Ci preoccupa solo il discorso del mercato perché è stato fermo per due mesi. Abbiamo perso l’aspetto più importante, ossia la ristorazione, ma noi enologi siamo ormai avvezzi al fatto che il vino va periodicamente incontro a periodi negativi, una volta per il metanolo, due volte per crisi economiche, 2001 e 2008, e al tempo stesso sappiamo che come c’è un segnale di ripresa il vino è in prima fila per ripartire. Lo dimostra il fatto che i consumi nel bimestre giugno-luglio 2020 sono stati superiori ai consumi dello stesso periodo nel 2019, e questa è una notizia che vi fornisco quasi in anteprima. Come c’è un ritorno alla normalità, alla convivialità, alla voglia di vivere, il vino è lì con noi. Noi enologi siamo arrabbiati per certe esagerazioni che penalizzano il settore e l’anello più importante della catena, i produttori. Basta con il pessimismo, basta gridare al lupo.

Per la riduzione volontaria delle rese andava presentata domanda entro fine luglio…

È stata fatta una proroga. Comunque sia, i numeri li vedremo alla fine. Oggi sono le giacenze che parlano e alle quali dobbiamo togliere una quota della distillazione e della vendemmia verde. Sarà poca, sarà giusta, sarà tanta, ma andrà tolta e arriveremo a giacenze inferiori allo scorso anno. Siamo positivi non tanto per esserlo, ma perché sono i dati scientifici a rassicurarci. Se poi questo “animale” continuerà a fare danni non lo sappiamo, lì bisogna essere ottimisti, ma i numeri del vino sono certi. La vendemmia è partita bene in Sicilia, nelle zone spumantistiche quali la Franciacorta, l’Oltrepò Pavese, in Veneto non è ancora cominciata, tra qualche giorno partirà anche il Trentino Alto Adige. Siamo agli albori. Per le date di settembre ne riparleremo all’inizio del prossimo mese. Quello che ho notato nella campagna in generale è una vigoria, un verde, una bellezza dell’uva come da anni non vedevamo. Mi piace pensare che tutto questo possa derivare anche da un po’ di pulizia del nostro ambiente. Due mesi senza auto e aerei hanno permesso alla natura di respirare. Non ho mai visto grappoli di uva così sani, poliformi. L’ambiente è una nostra responsabilità. Occorre poco per salvaguardarlo se sono bastati due mesi.

Il cambiamento climatico come sta ridisegnando lo scenario vitivinicolo?

Per qualche zona c’è e ci potrà essere a settembre un anticipo di vendemmia. Vedremo. In Oltrepò Pavese, per esempio, per le cantine che seguo io la raccolta è anticipata perché abbiamo voluto anticiparla per preservare l’acidità. L’opera di convincimento del presidente di Terre d’Oltrepò, Andrea Giorgi, è stata decisiva. Pur non essendo un enologo, ma essendo una persona di buon senso, ha convinto i produttori a raccogliere. Il  cambiamento climatico per certi vitigni autoctoni italiani molto tardivi a maturare, come per esempio il montepulciano, il nerello mascalese, il gaglioppo e il negramaro, non è stato un danno. Noi enologi attraverso sistemi di controllo di una viticoltura di precisione, gestendo il verde della pianta, riusciamo a mitigare gli effetti di un clima eccessivamente aggressivo. Il cambiamento climatico ha modificato ma non sempre in peggio lo scenario vinicolo e dove potrebbe modificarlo in peggio c’è la mano dell’enologo. Per i portainnesti siamo ancora agli albori, serve tanta sperimentazione.  

Il Governo come ha saputo recepire le richieste del mondo vitivinicolo italiano?

Mi piacerebbe dare al Governo quello che è del Governo: la gestione del Covid-19. L’Italia è stato il paese più attaccato all’inizio e tra i primi a venirne fuori o quantomeno a non aggravare la situazione con regole rigide, ma che hanno portato i loro frutti. Per quanto riguarda il vino, avremmo gradito qualcosina in più, specialmente sui prezzi del vino della distillazione, però non faccio parte della schiera di chi critica comunque, di chi un giorno dice una cosa e poi un’altra. Gestire questo periodo così complicato senza esperienza non è stato facile. Col senno di poi avrei trasferito tutti i contributi della vendemmia verde sulla distillazione. Però lungi da me criticare il Governo perché non vorrei essere nei panni  di chi deve gestire la situazione. Questo indirizzo, ossia la distillazione e la vendemmia verde, lo hanno dato i produttori. Il Governo ha raccolto quanto le associazioni dei produttori hanno suggerito, per questo dico col senno di poi avremmo dovuto spingere sulla distillazione, e mi ci metto dentro anche io. La ministra Bellanova è una persona che viene dal mondo della terra, socialmente è in grado di intendere i nostri problemi.

Il rilancio del mercato e del sistema Italia da dove deve passare? Renzo Cotarella, enologo e amministratore delegato del Gruppo Antinori, parla di creare una nuova alleanza con la ristorazione…

In questo momento sono contrario a spendere denaro, lo riserverei a quando passerà la paura, ancora palpabile. Chi ha voglia ora di mettere da parte la paura per vedere una promozione? Abbiamo voglia di leggere una comunicazione su una rivista ora che siamo attenti a non strusciare il braccio del nostro vicino se prendiamo un caffè? Accantoniamo bei capitali per una promozione efficace in un secondo momento, quando il consumatore potrà recepirla con serenità. Studiamola bene. Mio fratello Renzo, non perché è mio fratello, ha fatto una proposta di chi vive le difficoltà che stiamo attraversando. Grazie agli enologi oggi la qualità non è più un tabù. Dobbiamo ancora lavorare molto, ma il balzo in avanti è stato incalcolabile. Oggi dobbiamo agevolare tutte quelle forme di commercio che aiutano il vino a essere bevuto, raccontato, amato. Se c’è un posto dove ci si avvicina in maniera quasi religiosa al vino è il ristorante. Una volta si sceglieva cosa mangiare e poi si abbinava una bottiglia, oggi sempre di più si sceglie la bottiglia e poi si abbinano i piatti. Dovremmo agevolare questi punti di comunicazione e di vendita.

Come cambierà il mondo del vino dopo il Covid-19 anche e soprattutto sul piano valoriale e dei contenuti?

Il mondo in generale cambierà. Siamo quasi a un milione di morti. Il nostro approccio sarà più rispettoso della natura: in vigna, in cantina, ovunque. Questa pandemia ci ha fatto riflettere e dare maggior importanza alle cose vere della vita: la salute, i rapporti con le persone, la famiglia, gli amici, a condividere i problemi e le soddisfazioni. Anche noi enologi dobbiamo cambiare, oltre a un maggior rispetto della natura, che è nel nostro Dna, nella ricerca di una qualità nuova nei vini, abbandonando quelle forme edonistiche, di bottiglie e contenitori più pesanti del contenuto, di bottiglie create da artisti e costosissime, di cantine fatte da architetti stranieri, ritorneremo all’essenziale. Il consumatore oggi, che io chiamo “consumattore” perché ha un ruolo importante e influente, è giudice acculturato, cinico. Fino a venti o trent’anni fa chiunque raccontava il vino, anche con barzellette, oggi non è più possibile. Ai miei colleghi di Assoenologi dico che noi dobbiamo essere i primi comunicatori perché il consumatore sa che se c’è una professione che segue il circuito di produzione del vino, dalla scelta del terreno al sistema di impianto, dalla cultivar al portainnesto a tutte le operazioni in cantina, è quella dell’enologo. Non dobbiamo dare spazio a certi cantastorie che non hanno mai messo piede in una vigna.

Le elezioni le vincerà Trump?

Vuole la risposta dell’enologo o del mago? Al di là che ogni politico ha i suoi pregi e i suoi difetti, chi però costringe il mondo attraverso il denaro, attraverso sanzioni, io non lo vorrei mai nel mio paese. Non possiamo vivere nella paura di comportamenti che non danno certezze. Fortunatamente l’Italia ha un appeal sui consumatori stranieri, una trasversalità di qualità e di nomi che nessun paese vitivinicolo ha. Poi c’è l’amore degli italiani, amore che riversano in tutto quello che fanno e che deriva dalla storia. La storia delle famiglie come la vivono e la raccontano gli italiani nessun altro.

Notizia di cronaca, lei si occuperà della produzione vinicola del Palagio. L’obiettivo è creare dei super vini. Ma Sting lo conosceva già personalmente?

Da questa vendemmia mi occuperò di tutta la linea dei vini della sua fattoria toscana. Lo stimavo come artista, ma non lo conoscevo. Lui e la moglie sono due persone fantastiche, visceralmente attaccate all’ambiente, al concetto del rispetto. La cosa che più mi ha impressionato è la loro disponibilità, la semplicità nel porsi verso tutti. E sono due personaggi di livello planetario. Vogliono dare a questa azienda, con una vigna contenuta di 12 ettari su 300 totali, un’immagine attraverso il loro vino. E per me è la musica migliore. Mi hanno preso dal lato professionale e umano. Quindi ce la metterò tutta.

Un Supertuscan, un Metodo classico  e un Chianti saranno i nuovi vini?

Io credo che l’azienda si possa esprimere al meglio attraverso queste tre proposte. Un grande Supertuscan a base di Merlot, Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, un grande Chianti e poi la mia fissa che sono le bollicine Metodo classico. Nella mia carriera ho ottenuto grandi soddisfazioni con gli spumanti da vitigni autoctoni. Il Metodo classico dopo cinque o sei anni sui lieviti è fantastico, per esempio pensiamo a quelli da uve negramaro, gaglioppo, nerello mascalese. Ora mi voglio cimentare con un Metodo classico a base di uva sangiovese.  Al massimo tra una settimana raccogliamo per la base spumante. La vita è fatta di sfide. Al limite ci abbiamo provato.