Nel periodo pasquale ci troviamo nella valle del Conca, a San Clemente, nell’entroterra a sud di Rimini, dove i fratelli Lorenzi, Davide e Massimo, e Tonelli, Milena e Marco, quarta generazione, portano avanti con la loro cantina in continuo sviluppo un progetto di valorizzazione e studio della Rebola, l’autentico bianco riminese, insieme a un fazzoletto di altri produttori (16 dei 24 della provincia di Rimini) coordinati da Sandro Santini.
Gli Ottaviani, dal cognome del nonno Enio, che sessant’anni fa fonda l’azienda agricola, fanno vino, lo producono e lo vendono in Romagna, in Italia e in più di trenta paesi nel mondo. La Romagna vibra nel loro dna. Una visita in cantina ti permette di cogliere in pieno il mood romagnolo, quel modo di vivere e intendere il lavoro unico e non riproducibile da altre parti. Si sta imbottigliando il Clemente Primo (Bombino bianco, Riesling e Sauvignon) e Davide Lorenzi, che ci mostra la catena tecnologica di imbottigliamento, è il nostro cicerone cresciuto a grappoli di uva e Romagna autentica. Davide coniuga le qualità, oggi fondamentali, di imprenditore e vignaiolo.
Siamo a dieci chilometri dal mare, immersi nella natura esplosiva dell’oasi faunistica, un territorio che si estende per circa 700 ettari tra la foce del fiume Conca e Morciano di Romagna, toccando Misano, Cattolica, San Giovanni in Marignano e San Clemente. Un percorso ciclopedonale tra vigneti e fauna porta direttamente a Cattolica, sul mare. Un luogo perfetto per famiglie e gite fuori porta, magari davanti a un buon bicchiere di vino, meglio se Rebola, e a un tagliere di affettati ben presentato da mamma Loredana, che cura un’ospitalità casalinga che sa di Romagna e tradizioni genuine.
La Rebola è sicuramente il vino bianco, minerale e dal timbro salino, che può esprimere il territorio nella sua originalità espressiva, valorizzando la produzione bianchista del Riminese, senza aver bisogno di scimmiottare altri vini. Coglie nel segno la dicitura “Rimini Rebola”, che identifica un brand con tanto di bottiglia personalizzata per raccontarne la qualità.
Rebola che sarà protagonista al Wein Tour di Cattolica in programma dal 19 al 21 maggio. “Saremo presenti con la Rebola 2022. Siamo riusciti a tirar fuori la migliore espressione a livello aromatico in un’annata particolarmente calda”, spiega Davide Lorenzi. “Abbiamo due parcelle di mezzo ettaro, più qualcosa nell’oasi faunistica. Solita vinificazione, niente di estremo, valorizzazione al massimo di territori e suoli. La nostra è una interpretazione di agilità e freschezza, anche se le annate calde ci portano a gradazioni importanti, con corpo e struttura che ci aiutano nella longevità del vino”.
Dodici gli ettari di proprietà, a corpo unico, intorno alla cantina, più altri quindici in gestione in alcuni comuni limitrofi. Ogni vino degli Ottaviani  matura nel cemento, ottimo per la microssigenazione.  Il rilancio parte dalla Rebola. “Negli ultimi 30-40 anni non c’è mai stato un progetto così importante che parli di territorio. Ne siamo fieri”, continua Lorenzi.
Testimoniata con certezza in loco dalla fine del 1300, la Rebola è un vitigno di provenienza ellenica con forti somiglianze con il grechetto gentile, coltivato nel Centro e Sud Italia, più volte sul punto di estinguersi. Grechetto gentile dapprima noto come Pignoletto nell’area emiliana e come Rebola in riviera. Dalla Grecia sarebbe arrivato nelle colonie del Sud Italia per poi radicarsi nella cultura romana (è già citato da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia). “Pignoletto” per il grappolo a forma di pigna. Ian d’Agata in Native Wine Grapes of Italy lo aveva scritto, togliendo ogni dubbio: “Molti vitigni italiani sono afflitti da una miriade di nomi e sinonimi errati, e il Pignoletto non è certo da meno in questo caso. Si chiama Grechetto di Todi in Umbria, dove è una parte importante dell’uvaggio orvietano, mentre in Emilia-Romagna si chiama Rebola, ma i due sono identici”.
La Doc Rimini consente la produzione della Rebola in versione secca, amabile, dolce e passita, con la presenza minima del vitigno all’85%, ma è tipicamente vinificata in purezza. Tre le sottozone in cui si divide: Verucchio, Coriano e San Clemente.
Di Rebola sono più o meno 100mila le bottiglie annue dichiarate, per una trentina di ettari. Non sono grandissimi numeri, ma qui ci credono. Ed è questa la loro forza. Ha ragione Sandro Santini della Tenuta Santini: “Il progetto Rebola è in grado di unire il vino e la città, l’entroterra e la costa creando un saldo legame con il turismo. Si tratta di un nuovo umanesimo enoico che ha portato al progetto energie, persone e idee”.