QUELL’ANGOLO DI MILANO FRA L’OLTREPÒ E MONTRACHET

Dall’ultima recente tappa in Oltrepò Pavese, ora ci spostiamo verso Casteggio; nelle immediate colline poco più a sud, risalendo rapidamente e percorrendo un ultimo tratto di strada privata, si entra nella tenuta Prime Alture Winery&Resort, di Roberto Lechiancole.
Siamo sul 45° parallelo, ben in evidenza quando si percorre l’autostrada A21 Torino-Piacenza-Brescia, quello che ormai si conosce come il cosiddetto parallelo del vino. Basti pensare che sul territorio francese passa nella zona di Bordeaux, regione del Médoc, nomi di rilievo mondiale per gli edotti del settore. In Italia attraversa la parte settentrionale dell’Astigiano, quindi in Lombardia passa da Voghera e crossa proprio le colline di Casteggio. Tralasciando per un momento tutte le recenti considerazioni sul cambiamento climatico, non vi è dubbio che il 45° parallelo resta una latitudine ideale per il vino, in equidistanza fra Polo Nord ed Equatore. Una sorta di spartiacque fra il troppo freddo del Nord e il troppo caldo del Sud, come raccontano Olivier Bernard e il giornalista Thierry Dussard in “Le Magie du 45e Parallèle: Latitude idéale des Grands Vins du Monde”. In queste condizioni ottimali, a circa 300 metri dia altitudine si trovano le viti di Roberto Lechiancole, lungimirante milanese che in questo angolo dell’Oltrepò ha deciso di creare la sua azienda; oltre alla cantina, Prime Alture comprende il ristorante e la struttura d’accoglienza con sei junior suite. Un sogno che poi è divenuto un progetto, quindi realtà nel 2006, grazie in primis alla grande passione di Roberto per il vino. Concretamente, il tutto si traduce nel lavorare le terre dell’Oltrepò Pavese, in agricoltura biosostenibile, esaltando Pinot nero e Chardonnay, ma non solo.
L’azienda si avvale di un team operativo costituito dall’enologo internazionale Jean Francois Coquard, da Fausto Comotti in cantina, dall’agronomo Claudio Giorgi e da Claudio Brunelli per le potature delle vigne. Oltre il vino, è lo stesso Roberto Lechiancole che segue la parte commerciale, in collaborazione con l’agenzia milanese Ambrosianawines, che collabora all’inserimento dei vini di Prime Alture sulle tavole delle più significative ristorazioni lombarde. Anche in questo caso si tratta di un progetto ben preciso: “La Cantina di Milano”, attuato in collaborazione con Felice Lo Basso, Claudio Sadler, Tommaso Arrigoni, Manolo Teruzzi, Stefano Grandi, Andrea Provenzani, Giuseppe Postorino e Pantaleo D’Addato. Una selezione di chef, assieme ad altri in successione, che saranno ambassador nel dialogo diretto cucina-vino, con le loro preparazioni in abbinamento alle etichette della cantina. Scopo è la conoscenza tangibile, concreta dei vini attualmente imbottigliati da Prime Alture, direttamente dalla vigna alla tavola. Le uve sono, quindi, tutte raccolte a mano in cassetta, procedendo alla tempestiva pigiatura, con un controllo constante della filiera, dalla selezione iniziale alla protezione dall’ossigeno, fino all’imbottigliamento.
Dodici sono dunque le etichette di Prime Alture, a partire dalla varietà di punta dell’Oltrepò Pavese, il Pinot nero. Con i suoi 3.600 ettari su 13.500 complessivi, questa è la terza area al mondo per estensione della produzione di Pinot nero e la prima in Italia. L’etichetta monovarietale dedicata si chiama Monsieur, rosso di punta della maison, la cui fermentazione avviene in acciaio, per poi riposare in barrique per almeno 12 mesi, con ulteriore affinamento di oltre un anno in bottiglia. In degustazione il 2017, dal colore rosso rubino brillante, con ombreggiature a tratti più scure e riflessi aranciati; all’olfatto è un vino di schietta tipicità, con sentori di mora, mirtillo e ciliegie mature, velatamente speziato, connotato infine da fiori violacei. Al palato concede armonia, fra tannini e acidità. Con echi di frutti sulla scia persistente. L’affinamento per oltre un anno in vetro ne esalta l’armonia.
Il Pinot nero è presentato in purezza anche con l’etichetta Bordo Bosco. Fra le altre uve, è lavorato in purezza anche il Merlot L’altra metà del cuore, declinato in versione rosé con il Sotto Campo; poi Bonarda e Barbera, entrambi dall’etichetta verde, sempre in purezza. Fra i fermi, anche due bianchi completano la linea: Sopra Riva, 60% Chardonnay e 40% Moscato, ma soprattutto lo Chardonnay in purezza Madame.
E non sono solo i nomi, Monsieur o Madame in particolare, che ci riconducono alla Francia. Oltre all’essere sul già citato 45° parallelo, che Oltralpe significa terre di grandi vini, oltre ad avere un enologo francese, questo angolo di Milano voluto da Roberto Lechiancole, sta fra l’Oltrepò e Montrachet – concedetemi questo azzardato triangolo geografico – proprio per come Madame, lo Chardonny 100%, è stato concepito. Gli appassionati dei grandi bianchi sanno bene di cosa parliamo, quando si raccontano vini come ad esempio Chambolle-Musigny Les Amoureuses, oppure un Musigny di Roumier. Madame è un bianco pensato più che mai alla francese. L’affinamento è di un anno in botte grande, poi barrique, quindi completamento in bottiglia. In degustazione il 2020: seppure bevuto così in gioventù, quindi con la dovuta attesa freschezza, si fa già ricordare per la coinvolgente complessità olfattiva dei legni avvolti nei sentori di frutta esotica, in armonia con asprezze minerali e contrappunti eterei delicatamente pungenti. Sentori che in larga misura si riflettono sul palato, per tradursi in complessità e persistenza fresca, con note finali di frutta secca tostata. Tutte sensazioni in grado di promettere tanta crescita e longevità.
Altra etichetta, un’immancabile metodo Classico da uve 100% Pinot nero, è Io per Te, che si avvale di una sosta sui lieviti di 40 mesi e oltre; pur essendo un sans année, si apprezza sia per l’iniziale rispettosa caratterizzazione del vitigno sia per la sua freschezza (3 gr/l il dosaggio), con l’impronta complementare dei lieviti, all’olfatto e al palato.
Non ultimo il Riesling Passito (da uve Riesling e Moscato). Si presenta con una piccola bottiglia dalla forma inusuale, con un’etichetta che sa di fatto a mano e testimonia una tiratura di pochissime bottiglie. Si degusta e si fa ricordare. Da provare.
Con un’estensione di 10 ettari e 50.000 bottiglie all’anno, Prime Alture vale certamente la visita, non solo per i vini che vengono prodotti, ma anche per l’accoglienza. In particolare, per Roberto Lechiancole e la sua squisita gentilezza. Prime Alture non si può considerare per lui come un buen retiro, bensì è un luogo dove la sua passione per il vino si amplifica nella condivisione, nel godere con gli ospiti dell’ottima cucina; in compagnia, si vivono appieno i momenti a tavola, grazie anche alla vista dalle grandi vetrate nella sala principale, con di fronte il paesaggio collinare dell’Oltrepò, in lontananza le pianure e sullo sfondo le Alpi.