Mentre il Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese si appresta ad apportare alcune modifiche al suo disciplinare in particolare per la DOCG Metodo Classico, seguendo l’iter che sappiamo essere lungo, dovendo passare anche attraverso la Comunità Europea, i produttori si riuniscono nella splendida Tenuta Pegazzera di Casteggio (Voghera), costruita nella prima metà del 1700 dall’Almo Collegio Borromeo di Pavia, per la Terza edizione di Oltrepò Terra di Pinot Nero.
La zona di Casteggio, fra la pianura e la collina, come del resto tutto l’Oltrepò, sale rapidamente di quota con pendenze rilevanti ed è chiaramente caratterizzata da vaste estensioni di vigneti. Siamo sul 45° parallelo, ben in evidenza quando si percorre l’autostrada A21 Torino-Piacenza-Brescia, quello che ormai si conosce come il cosiddetto parallelo del vino. Basti pensare che in territorio francese passa nella zona di Bordeaux, regione del Médoc, nome di rilievo mondiale per gli edotti in materia; in Italia attraversa la parte settentrionale dell’Astigiano, quindi in Lombardia passa da Voghera e qui, nell’Oltrepò Pavese crossa proprio le colline di Casteggio. Tralasciando le considerazioni sul cambiamento climatico, non vi è dubbio che il 45° parallelo è una latitudine ideale per il vino, equidistante dal Polo Nord e dall’Equatore. Una sorta di spartiacque fra il troppo freddo del Nord e il troppo caldo del Sud.
In questa cornice, in una bellissima giornata settembrina calda e soleggiata, l’evento Oltrepò Terra di Pinot Nero non ha solo messo a confronto i principali produttori del territorio, ma ha anche focalizzato l’attenzione sulle due espressioni di questo vitigno, la spumantizzazione e il vino rosso fermo, con altrettante masterclass dedicate.

Iniziamo con la prima, guidata da Jacopo Cossater, giornalista e divulgatore del mondo del vino, che ha selezionato otto Metodo Classico DOCG fra le annate 2019 e 2014, tutte confrontabili per fascia di prezzo accessibile nel mondo delle bollicine di qualità. I campioni scelti, rigorosamente messi in degustazione alla cieca sono, in ordine di servizio, delle cantine Bruno Verdi, Cà del Gè, Calatroni, Alessio Brandolini, Montelio, Tenuta Mazzolino, Castello di Cigognola e Quaquarini. Il primo, L’Extra Brut Vergomberra 2019 di Bruno Verdi è l’unico non 100% Pinot Nero (15% di Chardonnay) in batteria. È praticamente non dosato come il secondo proposto, il Pas Dosé di Cà del Gè del 2017, che colpisce per equilibrio e una buona persistenza (48 mesi di sosta sui lieviti) lasciandoci piacevolmente dissetati grazie a un buon palato acido e fruttato al tempo stesso. La sboccatura a maggio 2022 gli rende onore ed è proprio il degorgement talvolta troppo recente che non rende pieno merito ad alcuni degli altri campioni. I Rosée presenti sono Il Cuvée Pas Dosé 2016 di Calatroni, il Cruasé di Tenuta Mazzolino del 2018 e, gli ultimi due, Castello di Cigognola Rosé Brut 2015 e Quaquarini Cruasé Brut 2014. Fra tutti l’annata 2019 trova la sua migliore espressione nell’Extra Brut di Montelio sboccato a novembre 2021 (sosta di 30 mesi sui lieviti). Cà del Gè non ha sofferto un’annata calda come la 2017, anzi, grazie all’esposizione a nord-est e ai 400 metri slm si fa apprezzare fino in fondo. L’uva del Metodo Classico Montelio, invece, cresce più in basso: siamo intorno ai 200 metri slm e l’esposizione è prevalentemente a sud-est, per questo è meno scolpito, se vogliamo, ma caratterizzato da una bevuta pronta e che invoglia al secondo calice.

La giornata, oltre questa prima masterclass, è stata l’occasione per degustare tanti metodo classico e tanti rossi fra i 34 produttori presenti all’evento. Ma ne parleremo con dovuta attenzione dopo aver raccontato della seconda masterclass dedicata ai Pinot nero di Calatroni, Conte Vistarino, Cà di Frara, Cordero San Giorgio, Travaglino, Tenuta Mazzolino, La Genisia e Frecciarossa, nella prossima puntata di questo viaggio in Oltrepò Pavese che – lo abbiamo già detto più volte – è ricco di storia. Basti pensare che la nave Vesuvio, nel 1894, fu varata a Napoli con una bottiglia di Metodo Classico Montelio. Il famosissimo regista americano Alfred Hitchcock, dopo aver bevuto un vino dell’Oltrepò, con una lettera ringraziò la cantina produttrice perché fu il suo primo vino italiano. Le bottiglie di Frecciarossa, altro nome importante del territorio, risalente al 1919, sono state fra le prime italiane esportate negli Stati Uniti. Si deve a Conte Vistarino l’alleanza fra questo territorio e l’imprenditore piemontese Carlo Gancia per la fornitura di uve Pinot nero dell’Oltrepò con cui venne prodotto il primo spumante italiano Metodo Classico, nel 1865, pochi anni dopo l’unità del nostro Paese, primo testimonial Giuseppe Garibaldi. E il Marchese Incisa della Rocchetta – già, proprio quello del Sassicaia – nel 1848 si dedicava alla vinificazione in rosso di questa varietà nella tenuta di Rocchetta Tanaro, appena più in là, nell’Astigiano. Eppure, nonostante questo prestigioso e remoto passato, seppure anche i numeri diano ragione al territorio, dato che è il terzo distretto mondiale del Pinot Nero per ettari vitati, l’Oltrepò Pavese non ha ancora saputo smarcarsi appieno per arrivare al podio della notorietà mondiale. In Italia, in fatto di bollicine, Franciacorta e Trento Doc si sono davvero messi in luce, mentre in questo triangolo di terra lombarda fra Emilia Romagna, Piemonte e Liguria, ancora non è scoccata la scintilla, pur avendo inventato nomi propri come Cruasé – fusione fra cru e rosé – e pur essendo evidente che queste colline sono davvero vocate alla vinificazione, senza ombra di dubbio, con risultati sia per il metodo classico sia per il rosso fermo davvero eccellenti.