Dazi sì o dazi no? Una tensione commerciale avviata sotto l’amministrazione Trump, che sembra non avere fine e trovare una linea di continuità con il mandato Biden. In un quadro economico già complicato è allarme export per il vino italiano, che finisce sempre nel mirino, a seguito dell’irritazione Usa per la digital tax italiana (Dst), che avrà i suoi effetti  in Italia a partire dal 16 febbraio, con cui il Belpaese prevede di concretizzare un corrispettivo di 700 milioni di euro. Sempre entro metà febbraio si attende la nuova lista di prodotti oggetto di dazi aggiuntivi relativamente alla controversia Airbus. Di pochi giorni fa il report Ustr che ritiene discriminatoria l’imposizione italiana nei confronti delle imprese digitali americane che rappresentano i 2/3 delle aziende da tassare. Si temono ritorsioni da parte del Commercio statunitense sulla scia di quanto avvenuto in Francia, anch’essa promotrice della stessa imposta. Due fronti di pericolo quindi. E per  il vino italiano, che negli Stati Uniti vende circa il 30% del proprio export a valore (oltre 1,7 miliardi di euro), con molte aziende che esportano prevalentemente su quel mercato target, sarebbe un vero e proprio disastro.
“Ciò che preoccupa – ha detto il segretario generale di Unione Italiana Vini, Paolo Castelletti – è che se da una parte la vicenda Airbus è tutt’altro che definita per il vino italiano e si dovrà attendere il prossimo carosello di metà febbraio, dall’altra si aggiunge un altro fattore di rischio legato alle imprese digitali statunitensi, forti sostenitrici della nuova amministrazione che si insedierà a breve. Occorre prudenza in questa fase così delicata della politica americana, come l’Italia aveva auspicato prima dell’azione su Boeing da parte della Commissione UE a novembre. Serve ora sospendere temporaneamente gli effetti dell’imposta sui servizi digitali alla luce dei lavori in corso in ambito OCSE, anche cogliendo l’opportunità della presidenza italiana del G20 nel 2021 che potrebbe farsi promotrice di un accordo multilaterale e tendere una mano verso la nuova amministrazione Biden. Una finestra di opportunità potrebbe essere il decreto milleproroghe nell’ambito dell’iter di conversione del decreto-legge in Parlamento. Bisogna evitare che il settore vitivinicolo, come altri prodotti simbolo dell’agroalimentare e del made in Italy siano coinvolti, come successo in Francia, in una disputa commerciale che ci vede completamente estranei”.