SIAMO  IN VALPANTENA nella valle che da Verona sale verso i Monti Lessini. Un anfiteatro naturale (dal greco pan-theos “Valle di tutti gli dei”) vocato alla produzione del Valpolicella, del Recioto e dell’Amarone al punto da potersi fregiare all’interno della Doc Valpolicella dello status di cru. Il nostro WINE STOP & GO è alla Collina dei Ciliegi, la tenuta vitivinicola spalmata su 53 ettari, di cui 30 vitati a corpo unico che lo qualificano come il vigneto più grande della Valpolicella, di proprietà del manager della finanza Massimo Gianolli. All’interno l’eco-resort Ca’ del Moro Wine Retreat, la cui cucina è affidata al giovane talentuoso chef Davide Fiordigiglio, e il club degli en-primeuristi che riunisce gli investitori pronti a scommettere sull’Amarone. Accanto ai tradizionali cru aziendali sta per vedere la luce il progetto visionario Super Valpantena, frutto di anni di sperimentazione con Vivai Rauscedo e con gli ingegneri agronomi Lydia e Claude Bourguignon, incardinato sui principi di una viticoltura consapevole e sana per la rispettosa valorizzazione del terroir. Un insieme di buone pratiche per la corretta gestione del suolo e del vigneto, del benessere degli animali e della salute dell’ambiente.                                                                                                                                             

 

Terre bruciate, rossi mogano, gialli intensi. Nei vigneti la luminosità di una vista aperta e le nuances calde dell’autunno illuminano la grande diversità di suoli di epoche diverse, rossi, aranciati, bianchi calcarei, di roccia disgregata di origine giurassica, di basalti neri, marne. Stiamo calpestando duecento milioni di anni di storia. Fra dislivelli e pendenze, vigneti, frutteti, prati, pascoli, zone per il ripopolamento della selvaggina dove si avvistano falchi, poiane, civette, barbagianni, fagiani, caprioli e ogni ben di Dio, cartina al tornasole per l’equilibrio del vigneto e il mantenimento della sua biodiversità, cinghiali compresi, che in questa estensione di terra che si perde a vista d’occhio poco importa se arrivano a cibarsi di una cinquanta di quintali di uva. Sul poggio della Collina dei Ciliegi la straordinaria biodiversità tra i filari e gli sbalzi climatici mettono subito in chiaro al visitatore che per capire ciò che si trova nel bicchiere bisogna partire da qui: dalla vigna. Il bicchiere è veramente l’ultimo, l’ultimissimo step che può solo confermare o meno quanto appreso sul campo, quanto ci raccontano Ermanno Murari o Lydia e Claude Bourguignon. È questo il dato interessante e intrigante dell’assaggio, una relazione matematica fatta di mille variabili. Ed ecco che il vino si inserisce nella nostra cultura come raccordo tra scienza e filosofia, con un pizzico di intuizione. Un’azienda manageriale che crea valore prima che profitto deve partire dalla bellezza e dal concetto di restituzione per dare alla natura e all’uomo il giusto significato. La bellezza come atto agricolo dovuto. E sorprende, nonostante la pendenza, l’assenza di terrazzamenti. “Non abbiamo fatto ‘scassi’ ”, sottolinea Massimo Gianolli. Al confine con la tenuta incontriamo una foresta, la Valle di Squaranto, un polmone naturale che separa la Valpolicella Valpantena dalla Valpolicella orientale.

 

                                         

 

Siamo a 400 metri di altitudine. Tre pozzi, di cui uno scavato a 700 metri di profondità perché la terra è carsica (“trovare l’acqua qui è come cercare il petrolio, bisogna arrivare alla falda”), garantiscono l’acqua alla struttura alberghiera e alle viti. Girando intorno alla collina, baciata dal sole dal mattino alla sera, si arriva a 600 metri e poi ancora più su, a 700, fino a Monte Castello. Una tenda glamping permette di dormire sotto il cielo stellato, immersi nella natura, vivendo al contempo un’esperienza luxury. Tra corvina, corvinone e rondinella. Dieci gli ettari a doc e docg Valpolicella e 20 quelli destinati al progetto Super Valpantena che dopo anni di sperimentazioni sta per arrivare in produzione con un vino bianco da uve garganega, pinot bianco e chardonnay e un rosso da corvina e teroldego con cloni e portainnesti diversi. Fino all’ultimo vigneto del Super Valpantena bianco con lo stesso sesto d’impianto della Borgogna (1,3×1 mt), quasi 8mila barbatelle a ettaro, filo da 60 cm. I primi sette ettari del Monte Castello entreranno in produzione nel 2021.  

 

                                                 

 

”Il progetto Super Valpantena nasce da un’analisi del terreno, da una ricerca clonale, dei portinnesti e dei vitigni che si sposassero con la valorizzazione del terroir. Abbiamo fatto cinquecento prove di micro vinificazione. Ogni filare ha una serie di codici che permettono di risalire al pedigree di ogni barbatella e oggi possiamo sapere con precisione qual è il clone, il portainnesto e il vitigno. Con il metodo Simonit di potatura abbiamo fatto lavorare la pianta solo su due gemme. Dobbiamo costruire le fondamenta, dimenticarci del tempo dedicandoci anima e corpo al progetto. Con i miei partner francesi di Advini è un continuo scambio di informazioni che arricchisce il mio lavoro dandogli valore e viceversa”, spiega Gianolli. 

 

                                                      

 

Un terroir con una tale varietà di suoli e condizioni climatiche che Ermanno Murari, agronomo di Vivai Rauscedo, ha letto come una sfida. “Questo terreno ha una storia di duecento milioni di anni e ce la porta nel bicchiere. Ho realizzato vigneti in condizioni climatiche estreme, come in Cina, Azerbaigian, Russia, Corea del Nord. Le sfide difficili, quei territori in parte inesplorati dove tutto è da costruire, ma prima da capire, mi stimolano. Qui in Valpantena siamo partiti da uno studio del suolo e della sua diversità, delle altezze, del clima. Fino a pochi anni fa questi terreni erano dominio dei marmisti. La crisi dell’edilizia e un interesse crescente verso altri settori ha fatto sì che gli agricoltori potessero acquistare i terreni”, spiega Murari. “Abbiamo peculiarità climatiche con correnti fredde che arrivano dal Carega e correnti calde della pianura padana. L’escursione termica, anche di 12-14 gradi, amplifica tutta la componente aromatica nei vini. Ma a stupirci è la sostanza organica, in genere ne troviamo il 2%, cioè per un chilo di terreno 20 grammi. Qui siamo al 6%, tre volte tanto la dotazione di sostanza organica già di un buon terreno. Un dato straordinario. Abbiamo rilevato potassio in quantità enormi, quasi 500 mg/kg, quando di solito ne abbiamo duecento. Credo anche in una grande risposta del portainnesto M1, resistente alla siccità, che quest’anno abbiamo utilizzato sul corvinone e ci dovrebbe permettere una riduzione del 30% dell’irrigazione goccia a goccia. Di un territorio come Bolgheri so già tutto, invece qui devo tracciare una strada. Le pare poco?”.