Incontriamo nella sede di Riccagioia il direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese Carlo Veronese, che dopo l’intervista a Davide Guarini, ceo della Losito e Guarini, ci spiega la direzione e le strategie del consorzio in tema di tutela del vino e dei nuovi progetti di promozione in corso. Tante novità bollono in pentola. “Concordo sulla necessità di uno Charmat Doc a uvaggio misto con le uve bianche del territorio, a questo si riferiva Guarini nella sua intervista. Attualmente abbiamo 3 Charmat sotto la Doc: uno a base di Pinot nero, uno di Riesling e uno di Moscato. Una soluzione auspicabile per permettere alle aziende che coltivano uve bianche di varietà diverse di realizzare un prodotto per l’aperitivo fresco, da sbicchierare in momenti di convivialità, quando magari gli stessi vini in purezza non riescano da soli a spingere sul mercato. Nel momento in cui si metterà mano al disciplinare del territorio, e sarà nei prossimi mesi, avremo una serie di vini da togliere perché non vengono più prodotti da nessuno, come la Malvasia passita. Si può pensare a un Martinotti, io preferisco chiamarlo così, con un uvaggio aperto, da un minimo a un massimo”, spiega Veronese. E affonda: “Ci sono una serie di richieste che mi vengono avanzate in questo periodo. Visto che non si tratta di novità, mi chiedo perché nessuno in precedenza le abbia portate avanti. Io sono qui da poco più di due anni. The answer, my friends, is blowing in the wind… Per citare una canzone famosa di Bob Dylan”. Continua: “I cambi di disciplinare hanno tempi lunghi, hanno bisogno di tanto impegno sul territorio e di tanto tempo negli organi preposti per essere approvati. Questo per dire che i risultati del lavoro di oggi non si vedranno domani”.
Un rinnovato interesse anche per il rosato: “Un trend in crescita. Quello che viene chiesto per lo spumante, viene chiesto da alcune aziende anche per il rosato. Il nostro rosato è da Pinot nero. Visto che la tipologia in rosa ha un suo mercato, perché non fare un Oltrepò Pavese rosato non eslusivamente da Pinot nero ma da Croatina o Barbera, per esempio. Io vengo dalla terra del Chiaretto, che in questi anni ha conosciuto un grande successo. Il Chiaretto è realizzato con Groppello, Marzemino, Sangiovese e Barbera: ci sono sempre stati questi uvaggi. Perché non fare la croatina rosata? Se si deve mettere mano al disciplinare, si inserisce anche questo”.
Ma su cosa puntare? I numeri, a livello di vendite, quanto contano? E il prezzo di vendita di un vino? Il prestigio di un vitigno? Perché se dobbiamo guardare il dato relativo alle vendite, vendite che tengono in piedi l’economia di un territorio, Bonarda e Sangue di Giuda sono in testa, anche se spesso considerati vini di serie b, non di immagine di un terroir. “Io sono il direttore di un consorzio di tutela. Il consorzio tutela tutte le denominazioni del territorio, tutte in erga omnes a parte il Casteggio, l’Igt e il Buttafuoco. Un consorzio vive con le quote delle denominazioni Oltrepò Pavese Sangue di Giuda, Bonarda, Pinot nero, Pinot grigio. Lavoriamo con tutte le denominazioni e dobbiamo promuoverle tutte. Oggi l’Oltrepò Pavese, inteso com Docg, Doc e Igt, produce 70 milioni di bottiglie, di cui circa metà sono Igt. Tra Doc e Docg, circa 35 milioni di bottiglie insieme, 3 milioni sono di Sangue di Giuda, dato in aumento, 19 milioni di Bonarda. Sono numeri importanti, ma per il Sangue di Giuda sono solo 3 milioni se guardiamo il totale. Il Pinot nero Doc ne fa di meno, ma se nel dato ci mettiamo anche l’Igt ne fa di più. Il Sangue di Giuda ha notevoli potenzialità quanto ai numeri, perché la zona potrebbe produrne circa 12 -15 milioni di bottiglie, ma ricordiamoci che l’uvaggio di questo è lo stesso del Buttafuoco, pertanto se nella sua zona produciamo solo Sangue di Giuda non faremo neanche più una bottiglia di Buttafuoco. Bisogna vedere se a livello di prezzo si fa più marginalità col Buttafuoco o col Sangue di Giuda, anche perché fare Sangue di Giuda costa, bisogna bloccare la fermentazione col freddo. E ritoccare il prezzo ora non si può, il mercato non accetta un aumento. Resta il fatto che vinificare un frizzante costa di più che un fermo. Dovrebbe pertanto essere remunerato in maniera diversa. Gli imbottigliatori, invece, dicono ‘io ti posso dare questo’, ma se ‘questo’ per i produttori di vino non è sufficiente per coprire le spese del Sangue di Giuda non lo producono. Dobbiamo fare in modo che ci sia un’equa remunerazione tra la frazione di chi fa uva, la frazione di chi vinifica e la frazione di chi imbottiglia”.
Ma il vino dell’Oltrepò Pavese che ha più mercato qual è?: “Nella Doc Oltrepò Pavese il Barbera frizzante è il vino che in questo momento viene venduto di più”. E la Bonarda? “È una Doc a sé ed è il vino del territorio che viene venduto di più in assoluto. Il Sangue di Giuda è al terzo posto”.
Facciamo notare che, però, il Barbera ha altri competitors: il Nizza e la Barbera d’Asti, tanto per fare due nomi, e che la Bonarda, il Sangue di Giuda non hanno termini di paragone, si producono solo in Oltrepò Pavese. “Abbiamo 1500 ettari di Pinot grigio, che è più del 10% della nostra base di produzione del territorio. Quindi, c’è anche questo vino da promuovere. Allo scorso Vinitaly gli importatori mi hanno chiesto del Pinot grigio da assaggiare. Io avevo una sola azienda che mi ha dato il prodotto perché la quasi totalità lo riteneva che non fosse il vino da promozionare. La cosa simpatica è che avevo importatori che mi chiedevano Pinot grigio ma io non avevo Pinot grigio da far assaggiare”. L’affondo: “Non dovrebbero essere i produttori a decidere cosa promuovere ma il mercato a deciderlo”.
Quanto alla promozione: “Questa estate abbiamo fatto incoming di giornalisti europei, ma ci vuole tempo per vedere dei risultati. Nessuno credeva nel Vinitaly, non c’erano tante aziende del territorio, invece è stato un successo. Poi siamo andati alla Milano Wine Week e al Merano. Questo è stato un territorio fermo a lungo, ma oggi si sta risvegliando un certo interesse. Tra fine gennaio e febbraio parteciperemo allo Slow Wine Tour Usa, in 5 stati: California, Stato di Washington, Texas, Florida e New York, con i vini di 19 aziende. Si tratta dell’iniziativa di maggior successo fra quelle organizzate da Slow Food nel mondo. Ogni tappa è rivolta al trade ed è dedicata sia a chi è alla ricerca di un importatore, sia alle aziende già presenti nel mercato Usa ma che hanno necessità di promuoversi con i buyers, in primis enoteche e ristoranti. Ho chiesto ai produttori cosa volessero portare e abbiamo ragionato su 5 vini: Sangue di Giuda, Pinot nero, Pinot nero Metodo classico, Riesling, Bonarda. L’Oltrepò è la prima zona italiana quanto a ettari vitati a Pinot nero, che viene bene sia nella versione spumante, sia ferma. I cloni piantati per il Metodo classico sono diversi da quelli del Pinot nero vinificato in rosso. Questo è un territorio da Metodo classico, per anni si è promossa di più la base spumante della versione in rosso, ma chi propone il Pinot nero ottiene buoni risultati sia nelle versioni fresche solo acciaio sia in quelle invecchiate in legno. Abbiamo 3mila ettari di Pinot nero, 1300 di Riesling,  4mila di Croatina. Dobbiamo trovare un sistema di lavoro che possa permettere a tutti gli attori del territorio di avere un giusto ritorno”.