Incontriamo Gian Marco Centinaio in Oltrepò Pavese, durante una visita ad alcune realtà vitivinicole per capire meglio con i produttori le problematiche del territorio, prima da Scarani all’azienda Ca’ Montebello, a Cigognola, e poi da Zonin, alla tenuta Il Bosco, a Zenevredo, dove con Domenico Zonin la riflessione si sposta sul tema all’ordine del giorno: Prosecco o Prosek? Una riflessione a tutto campo che investe tematiche di ampio respiro. Focus sul turismo rurale come nuova frontiera del turismo e sul ruolo del consumatore che deve scegliere da che parte stare: dalla parte di chi sfrutta la natura e le persone o da quella di chi le rispetta pur facendo “commercio”? E poi il Pnrr, ora che il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al nuovo decreto legge sul Recovery Plan, con le misure per accelerarne e semplificarne l’attuazione in vista del raggiungimento dei target assegnati dall’Ue all’Italia per fine anno.

Senatore Centinaio, il turismo rurale come lo dobbiamo intendere?

A mio parere è quel turismo che fino a qualche anno fa era fuori dai cataloghi ufficiali di tutti i tour operator. Di conseguenza veniva considerato un turismo di serie B, o comunque per poche persone appassionate, un turismo di cui nei vari convegni non si parlava o comunque di cui si affrontava il tema solo per fare accademia. Oggi sta diventando un turismo di persone che vogliono godersi esperienze ed emozioni diverse rispetto a quelle della vita quotidiana. Siamo abituati a vivere nelle grandi città, nella tangenziale ovest all’ora di punta o nel raccordo anulare. Ecco che, soprattutto dopo la pandemia che ci ha abituati a un ritmo di vita più slow, il turismo rurale diventa occasione per conoscere luoghi, ma anche prodotti alimentari diversi rispetto a quelli che si trovano di solito sulle nostre tavole. Sarà un azzardo ma ritengo che il turismo rurale diventerà, forse lo sta già diventando, il vero turismo di lusso. I cittadini stranieri che incontro mi dicono che il lusso è tutto ciò che riguarda l’ experiencing, per esempio essere a tavola con gli amici e raccontare un’esperienza che tutti gli altri non hanno vissuto, con obiettivi diversi rispetto al turismo di massa.

In winestopandgo.com raccontiamo aziende e filiere agricole che vanno veramente verso la transizione ecologica. Con il Pnrr ci dovrebbero essere contributi che accelerano questo processo.

Verranno premiati i virtuosi. I fondi in gioco sono tanti ma bisogna anche saperli amministrare bene. Non dobbiamo fare i soliti italiani che chiedono tanti soldi all’Europa e poi non sono in grado di spenderli. La politica si deve fare un mea culpa di tutta questa  poca considerazione che l’Europa ha sempre avuto nei confronti del nostro paese a livello di fondi. L’obiettivo su cui dobbiamo lavorare è che i progetti virtuosi possano diventare progetti di avanguardia, che i giovani e i meno giovani che vogliono sperimentare nuove tipologie di agricoltura un po’ più innovative, anche tecnologie per produrre di più faticando di meno, possano avere l’opportunità di arrivare a questi fondi. Innovazione tecnologica sì, mantenendo, però, la tradizione e la qualità dei prodotti che noi alleviamo, coltiviamo e peschiamo. Non dimentichiamoci che l’agroalimentare è anche pesca.

La sostenibilità oggi è plurale e investe tutta la filiera, come scrive Alessandro Franceschini, presidente di Altromercato, nel suo nuovo libro “Consumi o scegli?”. In Italia spesso si semplifica il concetto e si riduce tutto solo alla sostenibilità ambientale.

La sostenibilità ambientale è importantissima e da qui bisogna partire, ma non basta. Spesso tante aziende con comportamenti non particolarmente virtuosi nelle filiere produttive ma che magari hanno i pannelli solari sui tetti dei capannoni sono considerate sostenibili. La sostenibilità è un processo integrato fra l’elemento economico, sociale, ambientale ed etico. Si parla non a caso di filiera etica, di un controllo a monte dell’intero processo produttivo. Se non si rispettano i diritti del lavoratore, dove si sfrutta il lavoro, dove c’è capolarato, non ci può essere vera sostenibilità. Il lavoro deve essere dignitoso per tutti.

Il consumatore non può più permettersi di essere passivo nelle sue scelte, ma deve diventare “consumattivista”, per usare un termine forte coniato da Franceschini, ossia deve scegliere da che parte stare.

Il consumatore è più avveduto e più attento rispetto al passato, è critico. Mi capita sempre più spesso di incontrare persone che mi chiedono informazioni su come leggere le etichette e mi capita di partecipare a trasmissioni televisive dove la gente telefona chiedendo informazioni  su cosa e come comprare. Percepisco la volontà di spendere anche qualcosa in più pur di avere un prodotto etico e salubre che rispecchi le tradizioni di un territorio.

Il messaggio di don Milani ai ragazzi della scuola di Barbiana è ancora attuale: l’obbedienza non è più una virtù…

Siamo in un momento storico in cui queste parole sono il vangelo, soprattutto per chi si occupa di agroalimentare e made in Italy, per chi cerca di dare risposte al consumatore. Le regole devono essere chiare e non interpretabili. Il lavoro che portiamo avanti in Europa è di avere etichette semplici, veloci da capire, che permettano un acquisto consapevole. La leva per un consumo differente non può che essere culturale.

Prosecco  e Prosek. Quali sono le prossime mosse del Mipaaf?

Il prossimo 2 novembre, a Venezia, si terrà la riunione plenaria finale per prepararci alla presentazione delle controdeduzioni italiane alla proposta della Croazia. Faremo il punto della situazione sul dossier da presentare in Europa. Noi stiamo portando avanti un lavoro di squadra, abbiamo coinvolto tutti gli attori della filiera: associazioni di categoria, consorzi, regioni interessate. Il ministero ha messo in campo le sue professionalità migliori e un pool di avvocati per convincere la commissione europea che le richieste della Croazia sono irricevibili.

Come le ha chiesto anche Domenico Zonin, produttore di Prosecco, la partita in Europa ve la state giocando sul piano della protezione del marchio o della tutela del consumatore?

In questo momento, a livello legale, sulla protezione del consumatore, che deve essere messo nelle condizioni di poter scegliere senza sbagliare. Se due prodotti totalmente diversi, che arrivano da due paesi totalmente diversi, hanno lo stesso nome, vuol dire che stiamo imbrogliando chi acquista.

Aree interne. Lei è di Pavia. L’Oltrepò Pavese ha buone chance per diventare un’area interna?

Penso di sì. È un’area da valorizzare perché ha potenzialità ancora inespresse. Tutti puntano il dito contro l’Oltrepo e gli oltrepadani. L’Oltrepò è un territorio molto più vasto di tante altre aree del nostro paese che hanno avuto più fortuna. Riuscire a mettere insieme anime diverse, territori diversi, prodotti diversi, non è facile. C’è l’Oltrepò più vicino alla pianura e quello montano, abbiamo la Valle Versa e la Valle Staffora, per un totale di oltre tredicimila ettari vitati. L’obiettivo da raggiungere è parlare tutti con la stessa voce, valorizzando le caratteristiche dei vari territori per un’offerta economica, turistica e legata all’agroalimentare diversa a seconda delle esigenze e delle possibilità dei consumatori.

L’area interna comporta più contributi sul territorio…

Sì, ma anche più responsabilità e la capacità di poterli spendere bene. Comporta la possibilità di lavorare più serenamente, però con la consapevolezza che non si può più sbagliare.   

Vi state attivando in maniera decisa per riqualificare l’Oltrepò Pavese…

Il lavoro che stiamo portando avanti è partito in tarda primavera, dopo l’ennesimo scandalo. La politica ha chiesto al territorio quale sia la via per uscire da questa situazione di stallo, perché non ci può essere un’area del nostro paese messa in un angolo. Abbiamo già fatto una serie di incontri con i sindaci, il consorzio, i produttori e abbiamo deciso di lavorare in modo binario: da un lato il mondo del vino e quindi il consorzio e gli esperti del territorio per fissare le regole, dall’altro la politica che per una volta tanto non ha voluto metterci il becco senza averne le competenze. Cercheremo di lavorare sulla reputazione dell’Oltrepò. L’obiettivo è coinvolgere anche chi si occupa di accoglienza e turismo, che è ancora un po’ in stato embrionale rispetto alle potenzialità. Bisogna sfruttare best practise e idee innovative. Senza tralasciare l’incontro con chi si occupa di comunicazione. Per evitare che il turista si faccia idee sbagliate, bisogna comunicare nella stessa direzione, alzando il livello, puntando sulle eccellenze e non il dito contro a prescindere, prendendo esempio dalle realtà che funzionano. Con l’Università di Pavia l’obiettivo è creare un pensatoio, un momento di confronto affinché l’università declini sul territorio alcune strategie, pensando, per esempio, a come sfruttare i soldi del Pnrr. Ci sono iniziative legate ai borghi, fondi per le nuove tecnologie, la formazione, le energie rinnovabili.  Solo così l’Oltrepò potrà diventare più attrattivo.