Presentata oggi al circolo filologico di Milano la nuova mappatura interattiva del territorio del Chianti Classico a cura di Alessandro Masnaghetti. Un viaggio virtuale, passando dalla carta al digitale, per conoscere da vicino attraverso la rete i luoghi dove nascono i vini del Gallo Nero. Suoli differenti nel giro di pochi metri, ma anche altitudini, climi e, non secondariamente, la visione dell’uomo creano degli unicum nel bicchiere. Obiettivo dell’anteprima affiancare dieci vini a dieci diversi panorami del territorio chiantigiano, un viaggio da nord a sud della denominazione, mostrando lo stretto legame che li unisce e al contempo ciò che rende ogni binomio irripetibile.
“L’impronta digitale di un vino e di una denominazione coincidono con il profilo del suo paesaggio”, commenta Alessandro Masnaghetti. “Imparare a leggerlo, ad apprezzarne le sfumature e a valorizzarne le differenze sono la chiave per rafforzare la propria identità”.
Vino e territorio, o meglio territorio e vino: un binomio sempre più stretto e legato a un’esperienza da vivere capace di proiettare il consumatore nei luoghi enoici dentro e dietro il bicchiere. “Non era scontato essere qui oggi e non era scontato che voi ci foste vista la situazione che stiamo attraversando. Quello che presentiamo è solo l’inizio di un progetto più ampio che stiamo sviluppando in collaborazione con Alessandro Masnaghetti”, afferma Giovanni Manetti, presidente del Consorzio Vino Chianti Classico. “Si tratta di un lavoro che valorizzerà ulteriormente la nostra denominazione. Coperta per due terzi da boschi, con solo un decimo di areale dedicato alla viticoltura, nella zona di produzione del Gallo Nero i produttori di vino puntano sempre più all’equilibrio ecologico e al rispetto dell’ambiente. Per questo motivo è diventato importante farlo conoscere anche attraverso le sue immagini. Immagini che non sappiano soltanto trasmettere la bellezza di un paesaggio unico al mondo per complessità e storia, ma che sappiano raccontare, se scattate nel modo e nel punto giusto, le peculiarità di una valle, di una collina o di un intero comune”. A proposito della vendemmia appena conclusa commenta: “Abbiamo avuto un andamento stagionale ideale, a parte qualche notte fredda durante il germogliamento, che ha ridotto la quantità del 10%, ma questo ha comunque ulteriormente esaltato la qualità. Le piogge a giugno hanno costituito un’ottima riserva idrica, le viti sono state in grado di affrontare senza stress la sopraggiunta estate calda e luminosa, con uve sane capaci di regalare vini ricchi ma anche freschi e succosi, con una buona acidità e un tannino di grande qualità. Siamo ancora in fase di fermentazione, è presto per dare un giudizio critico, ma le aspettative sono veramente alte. Un’altra nota positiva ci arriva dal mercato. Nonostante la pandemia, il Chianti Classico ha tenuto molto bene, attualmente siamo indietro nelle vendite solo del 6% rispetto al 2019, un risultato oltre ogni aspettativa perché durante il lockdown eravamo arrivati a un -20%. Nel periodo estivo abbiamo registrato un grande recupero e questo trend positivo sta continuando. Il Chianti Classico ha i fondamentali giusti, i requisiti base per incontrare il gusto del consumatore anche in un momento così critico. I nostri oltre cinquecento viticoltori sono impegnati continuamente nella ricerca di una qualità sempre più alta, con un forte impegno per la sostenibilità ambientale. L’uso dei prodotti chimici è quasi zero e i metodi di agricoltura biologica coprono oltre il 40% dei nostri vigneti. Qualità che sempre di più coincide con territorialità. Rispettando la natura si riesce a trasferire meglio i caratteri territoriali nel bicchiere. Se consideriamo vari fattori nella produzione del vino, come la varietà, il produttore, il metodo di vinificazione e di coltivazione e l’uso del legno, ci accorgiamo che sono trasferibili da una parte a un’altra del mondo, ma ciò che non si può trasferire, che è inamovibile è il territorio, elemento distintivo che crea unicità e permette a quel vino di non essere replicabile. Dobbiamo conoscere sempre di più le varie interazioni fra altitudine, esposizione, morfologia, microclima e suolo perché danno origine a un prodotto specifico. Quanti mesi di barrique fa un vino non lo chiede più nessuno e questo è un dato molto positivo. Oggi c’è grande desiderio di conoscere le caratteristiche del luogo fisico che sta dietro a un vino. Spero che d’ora in avanti, grazie al nostro progetto, tantissimi consumatori possano collegarsi con tablet, telefonino o pc per inquadrare e capire il territorio in maniera immersiva mentre vivono l’esperienza della degustazione. In modo da renderla indimenticabile”.