Per la Toscana del vino, che conta ventritremila aziende viticole, la situazione vendite è vicina al collasso con un calo del  -90 %  nella prima metà del mese di marzo attraverso i canali diversi dalla grande distribuzione (detti Horeca, ovvero quelli che riforniscono bar, ristoranti, alberghi, catering). Il dato drammatico arriva anche dall’ultima rilevazione Nielsen: nella GDO il vino  ha subito un calo di vendite del 20%, ma quello dei supermercati è un canale distributivo che pesa soltanto il 30% per il vino toscano, venduto per il 70% attraverso canali diretti e Horeca. “Rischiamo il collasso ben prima di altri settori del comparto agricolo legato a generi di prima necessità”, denuncia Francesco Colpizzi, presidente della Federazione Vitivinicola di Confagricoltura Toscana. “Sono chiuse le vendite dirette nelle fattorie, i ristoranti, gli alberghi ed i winebar. Se poi teniamo conto del fatto che le aziende vitivinicole per il proprio business contano anche sulle attività turistico-ricettive fonte di ricavi oggi azzerati, è chiaro che oltre alla chiusura di migliaia di aziende e alla perdita di migliaia di posti di lavoro, rischiamo anche l’abbandono e il degrado delle campagne, con ricadute deteriori in termini sociali e ambientali. La priorità è una sola: serve liquidità per proteggere le imprese, per proteggere il livello e la qualità occupazionale. Non possiamo fermarci, anche se le nostre vendite sono prossime allo zero: nei vigneti la ripresa vegetativa è imminente e richiede interventi, il vino nelle cantine è un prodotto biologicamente vivo che ha bisogno di cure quotidiane. I provvedimenti adottati dal Governo sono del tutto insufficienti. Per questo abbiamo avanzato sia alla Regione Toscana che alle istituzioni nazionali una serie di proposte”. A tal proposito Confagricoltura chiede una moratoria di almeno 24 mesi sulle operazioni a lungo, medio e breve termine, occorre nuova finanza pari ad almeno la metà del volume di affari realizzato l’anno scorso, attraverso mutui trentennali garantiti dallo Stati e finanziamenti a 12/60 mesi assistiti dalla garanzia del vino dato in pegno. Serve anche lo strumento della Vendemmia Verde per eliminare tra maggio e giugno parte dei grappoli e contenere la prossima vendemmia per calmierare gli squilibri di mercato. Senza escludere la distillazione facoltativa anche per produrre alcol utile in questo momento a fini sanitari. Sarà poi necessario il varo di un “Piano Strategico di sostegno all’export vitivinicolo toscano” articolato su missioni di settore, piani di comunicazione integrata, sui mercati consolidati ed emergenti con previsione di misure straordinarie promozionali e di sostegno alla domanda di vino sia per il mercato estero che interno. Anche Francesco Mazzei, Presidente dell’Associazione Vini Toscani DOP e IGP, A.VI.TO, solleva vive preoccupazioni per il comparto vinicolo toscano indirizzando all’Assessore all’Agricoltura della Regione, Marco Remaschi, una lettera in cui si sottolinea la necessità di attuare urgentemente interventi specifici per il settore che l’associazione rappresenta. “Il decreto Cura Italia e l’ultimo decreto liquidità sulla carta sono positivi ma devono avere i termini dell’urgenza, sia nelle procedure sia nella dotazione delle risorse, per consentire alle nostre imprese di superare questo momento. Le aziende vitivinicole toscane, senza gli indispensabili introiti garantiti dalle vendite di vino e dall’attività di accoglienza, si trovano a fronteggiare già adesso una forte crisi di liquidità, mettendo a rischio non solo i propri bilanci, ma anche e soprattutto la propria sopravvivenza”, dichiara Mazzei. “Una volta garantita la sopravvivenza delle Aziende con le giuste misure, resta essenziale che le risorse di promozione non utilizzate nel 2020 vengano congelate fornendo la possibilità di destinarle a programmi validi per il 2021, in modo che non vadano perse e così da poter agire al meglio quando l’emergenza sarà finita e arriverà, per il Paese e per il nostro settore che è una delle grandi eccellenze, il momento della meritata ripresa”.