IL NOSTRO SOMMELIER AIS VI RACCONTA…

GIANAROLI

Proseguendo con i nostri Stop&GO sulle bollicine dell’Emilia, dopo l’ultima tappa del Reggiano, ritorniamo nel Modenese, sui colli di Castelvetro. La cittadina è già fuori dalle zone produttive del comprensorio ceramico di Sassuolo; siamo più a est e le colline del suo territorio, a circa 200 m. slm, sono ricche di piccole tenute, agriturismi e aziende agricole. Una di queste è la cantina di Filippo Gianaroli, situata in una posizione dominante, circondata dai propri vigneti su un’estensione di circa 6 ettari. Percorrendo il vialetto che conduce all’azienda, si ha subito la sensazione di entrare in un luogo unico, come se fossimo su di una macchina del tempo e ci trovassimo di colpo nel passato, dentro un paesaggio incontaminato dove alcune oche se la spassano nel cortile, poi ci sono le vigne e in fondo al declivio, un piccolo laghetto circondato dagli alberi. La casa padronale appare in fondo, come in un quadro, mentre a sinistra c’è la piccola cantina. Poco prima, un edifico più nuovo dove si parcheggia, riporta il tutto all’attualità.
Filippo Gianaroli stesso appare come un uomo d’altri tempi, accogliente e disponibile, piacevolmente immerso nella produzione del suo vino, dai filari alla cantina. Ma senza la precarietà e le incertezze del passato. Il suo approccio al Metodo classico è assolutamente scientifico. Le bottiglie riposano nella stanza delle pupitre, con la pressione tenuta sotto controllo strumentale e ogni passaggio, ogni stagione sono monitorati da Gianaroli che mi mostra il tutto riassunto su precisi grafici stampati. Insomma, ci troviamo all’interno di una cantina dove la particolare definizione di Château Garage (così come compariva sulla rivista svizzera SonntagsZeitung nel 2002), in questo caso, è davvero azzeccata. Ovvero una cantina dove Filippo Gianaroli è il factotum, cura tutto personalmente fino all’ideazione delle etichette e dove il numero di bottiglie è attualmente sotto le duemila all’anno. I vitigni coltivati sono il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, il Trebbiano modenese, Malbo Gentile e Ancelotta.
Siamo ancora in una fase preparatoria, iniziata nel 2015 e che vede oggi etichettati due Metodo classico sotto il nome di BiòSS, quella che diverrà la denominazione della cantina: uno è rosé 90% Grasparossa di Castelvetro e 10% Malbo Gentile, chiamato 150/9 come la particella 150 e 9 il foglio mappale, cioè esattamente la porzione di proprietà da cui provengono le uve. Più rispetto del terroir di così non si può! L’altro, battezzato 52/9, con lo stesso criterio, è un Trebbiano modenese in purezza. Sull’etichetta compare una simbologia che riproduce stilizzata la figura geometrica nota come Attrattore di Lorenz, un insieme di spirali che si avvolgono con apparente andamento indipendente e che rappresentano il primo sistema di equazioni differenziali generanti un andamento caotico dei moti convettivi presenti in atmosfera; e più in generale dei fluidi, a determinate densità, viscosità e temperature, sistema scoperto dal meteorologo e matematico  Edward N. Lorenz negli Stati Uniti, nel 1963.
Una possibile via interpretativa del mondo di Gianaroli? Difficile a dirsi, di certo anche questo aspetto ci riconduce a una persona che appare semplice, nel suo modo di accogliere e nell’umiltà con cui affronta il lavoro in vigna, giorno dopo giorno, ma che sotto sotto rivela un suo passato di studi legato a tutt’altra professione, in una precedente fase della sua vita. Poi la controetichetta recita un messaggio chiaro: Vino fatto con amore, non destinato alla vendita, perché prodotto per essere gustato con i miei amici più cari. Attualmente è così, in attesa che si completino tutte le autorizzazioni necessarie per poterlo acquistare al più presto, dunque la degustazione è una anteprima. Questo non gli ha impedito di essere già presente sulla guida AIS Emilia Romagna da Bere e da Mangiare, perché la qualità del suo vino è già evidente e Gianaroli è sicuramente sulla buona strada.
Degustazione che dimostra ancora una volta la sua sincera accoglienza, accompagnata infatti dal taglio di un ottimo salame fatto in casa, mentre Filippo inizia a strappare i due suoi vini di qua e di là, dentro e fuori la cantina, con uno spirito decisamente in fermento, è proprio il caso di dirlo. La cosa interessante è certamente l’opportunità di sentire entrambi i Metodo classico nelle annate 2019 e 2018, quindi con una differente sosta sui lieviti. Sia il Rosé di Lambrusco che il Trebbiano sono a dosaggio zero, frutto di una logica evidentemente no compromise, dalla viticoltura in lotta integrata alla scrupolosa ricerca in cantina. Pensate che Filippo Gianaroli sta studiando persino un dosaggio con il suo miele millefiori e poi ha anche le sue grappe.
Il 150/9, da uve Grasparossa di Castelvetro in prevalenza, è un vino sincero, dal colore rosa tenue, finemente spumeggiante. All’olfatto si presenta con toni di frutta, mela rossa matura e “cremolata” di fragole, poi velatamente floreale. Al palato è subito vibrante, liberando la massima espressione del vitigno, quindi il dosaggio zero concede ampio spazio alla freschezza in un buon compromesso di acidità e sapidità che rimane fino alla fine.
Il Trebbiano modenese 52/9 trova la sua migliore espressione nel 2018, cedendo qui la nota erbacea iniziale del Metodo classico con sosta più breve a un olfatto e palato più fine, minerale ed elegante, anche in questo caso più sapido che acido, nelle sue nuances finali.
Dunque siamo sui ceppi di partenza. Filippo Gianaroli freme, parla di un ampliamento della cantina ed è pronto a correre, con un potenziale di bottiglie decisamente superiore alle attuali. Nell’attesa, la visita al suo territorio è certamente un piacere che vale il viaggio.