Ribolla Gialla, vino fermo o spumantizzata? Macerata per produrre vini corposi e importanti come gli orange wines o più fresca e beverina? La Ribolla è il vitigno simbolo di Oslavia, diffusa anche in altri territori delle colline friulane e in Brda slovena, che in questi anni ha avuto tanti, forse troppi detrattori nella versione spumante. Complice una pratica, molto in uso, legata alla vinificazione in autoclave, che in svariati casi regala bollicine di mediocre qualità. Lo chiediamo ad Albino Armani, emozionato per essere tornato di nuovo in presenza al Vinitaly. “Abbiamo appena presentato la nuova annata della nostra Ribolla Gialla, un pas dosé che sta 24 mesi sui lieviti, sulla linea del Trentodoc, una versione di Ribolla inconsueta per il Friuli. Di solito è conosciuta come vino fermo, appannaggio dell’area  meridionale della regione. Si tratta di un vino abbastanza caldo e strutturato. Nella zona a nord del Friuli, dove siamo noi, più fredda, vicino alle Alpi Carniche, si esprime in modo totalmente diverso. L’abbiamo lavorata come base spumante, con una raccolta precoce, dati relativi ad acidità e ph perfetti. È definita come varietà semi aromatica, in realtà non è aromatica”.
Ribolla, una varietà fortemente identitaria per il Friuli. “Si sta spumantizzando in maniera decisa negli ultimi cinque anni. Il precursore è Collavini, che a Corno di Rosazzo da trent’anni produce uno charmat lungo, ossia in autoclave”, continua Armani. “La nostra è un Metodo classico. Abbiamo puntato su un vino molto rigoroso, asciutto, verticale, che si sposta dai 24 mesi sui lieviti ai 36, senza aggiunta di Chardonnay o Pinot nero. Mi auguro che più produttori optino per la Ribolla Metodo classico, perché la preoccupazione è che la vinificazione in autoclave abbassi il livello del percepito generale, svilendo il vitigno, alla stregua del Prosecco. Il mondo friulano la ritiene una eccellenza. È un modo per declinare il Friuli su una lunghezza d’onda moderna, provando un racconto nuovo, un modo alternativo per pensare a questo territorio non solo come luogo d’eccellenza per i suoi vini bianchi fermi del passato. Mi auguro che i consorzi e le istituzioni si rendano conto di questo potenziale”. E conclude: “Ne abbiamo parlato anche con gli enotecari milanesi ieri sera, alla cena in una fantastica pizzeria gourmet organizzata in occasione del Vinitaly, alla presenza dei consorzi del San Daniele, del Montasio, del Prosecco e del Pinot grigio delle Venezie. La Ribolla è stato l’ultimo dei vini presentati e devo ammettere che il Metodo classico si stacca dalla vinificazione in autoclave. Mi auguro che si apra una strada, di esempio anche per altri produttori. Potrebbe essere il momento giusto per una discussione sulla Ribolla del futuro, ma dobbiamo dargli la dignità giusta, sperando che non accada ciò che è successo con il tocai quando è stato perso per il Friuli un asset importante e strategico”.