IL NOSTRO SOMMELIER AIS VI RACCONTA…

LE MARCHE

Sempre caro mi fu quest’ermo colle… Così inizia L’infinito di Giacomo Leopardi che da Recanati si immaginava il mondo oltre quella siepe, nel 1819. Siamo nelle Marche, una regione che in passato è forse rimasta un po’ all’ombra della Toscana e della Romagna, per il mondo del vino e per il turismo della riviera. A onor del vero il versante costiero marchigiano si riprende l’identità territoriale più vera del mare Adriatico che, oltre all’immaginario collettivo delle grandi spiagge super attrezzate, offre riserve verdi come il Parco Regionale Naturale del Conero. Nell’entroterra le colline sono dolci e lo skyline può ricordare tratti delle terre senesi, ma ben presto percorrendo le strade di questi luoghi, scopriamo una nuova identità. Nella provincia di Macerata, dunque nel cuore delle Marche, a un’altitudine di 240 m Slm, si trova il comune di Montefano, vicino proprio a Recanati, luogo di nascita di Leopardi.
Ed è qui che già nel XIV secolo nasceva la storia della famiglia dei Conti degli Azzoni Avogadro Carradori. Attraverso una importante e districata fusione di casati nobiliari, i “carratori” di professione, da cui il cognome, costruttori e riparatori di carri e carrozze, grazie a una crescita economica e sociale acquisirono terreni per circa 2.000 ettari fra Montefano, Osimo, Recanati, Potenza Picena e Porto Recanati. Il discendente, Roberto, padre degli attuali proprietari, iniziò ad amministrare le tenute all’inizio degli anni ’50, passando dalla mezzadria ai nuovi assetti produttivi con ingenti investimenti in macchinari e attrezzature, soprattutto realizzando una nuova cantina. Nel nuovo millennio, con la scomparsa del conte Roberto, arrivano i tre figli, Aldobrando Filippo e Valperto che proseguono sulla linea tracciata dal padre, nel segno della crescita e della ricerca della qualità. Oggi i tre fratelli non gestiscono solo il territorio marchigiano delle origini, costituito da circa 850 ettari di proprietà, di cui 118 vitati, 610 coltivati a seminativi, 17 di vivaio e 20 lasciati a parti boschive, ma soprattutto guidano un gruppo di tre aziende, fra cui Conte Aldobrando in Toscana, nella provincia di Pisa, e Conti Riccati a Castelfranco Veneto, terra del Prosecco. Un totale di 1.350 ettari, di cui 175 vitati.
Ma la tenuta marchigiana, che dunque affonda le sue radici in una tradizione agricola di sette secoli nel segno dell’assoluto rispetto per la natura, oggi significa anche e soprattutto bilancio di sostenibilità. Ovvero, secondo l’agenda SDGs delle Nazioni Unite, Sustainable Development Goals con deadline 2030, nei tre ambiti della sostenibilità – ambientale, sociale ed economico- traguardare gli obiettivi per porre fine alla povertà, contrastare le ineguaglianze, arrestare i cambiamenti climatici, nell’esplicita consapevolezza che la qualità del vino dipende direttamente dalla tutela del terreno, della vite e del suo frutto. La messa in pratica significa non accontentarsi solo del processo di conversione in biologico che ettaro dopo ettaro i Conti degli Azzoni stanno portando avanti da una quindicina d’anni, ma vuole essere soprattutto un business plan che consideri il carbon footprint (il bilancio energetico aziendale rispetto alle emissioni di CO2), l’employer branding (l’etica professionale che mette al centro dell’azienda il dipendente) e la biodiversità (la salvaguardia della pluralità degli ecosistemi nella filiera alimentare), valutando tutti i parametri che entrano in gioco, fra cui la riduzione del consumo di acqua, fino al peso delle bottiglie per l’export, con l’intento futuro di divenire azienda B Corp. E i Conti degli Azzoni sono la terza azienda italiana del mondo del vino a presentare il bilancio di sostenibilità. Per il terzo anno.
A mettere in pratica tutto ciò sono gli uomini dell’azienda, in prima linea Valperto Degli Azzoni che con orgoglio ci mostra il ciclo di lavaggio delle uve, un metodo di miglioramento della qualità di ciò che entra in cantina, oggi perseguito da pochissime realtà del mondo vitivinicolo. Poi tutto il team, l’enologo Salvatore Lovo, la conduzione agronomica di Gianfranco Canullo, Saverio Illuminati, il cantiniere Sommelier Lorenzo Gigli, Pierluigi Donna del Sata Studio Agronomico.
Nella tenuta si coltiva Montepulciano, Sangiovese, Maceratino (Ribona) e Grechetto, oltre ai vitigni internazionali Merlot, Cabernet Sauvignon e Chardonnay, per un totale di 100.000 bottiglie all’anno che si traducono in due cru, 6 etichette della linea “Selezione”, tre della “Classica”, oltre al Beldiletto Vino Spumante Brut metodo Charmat da uve Sauvignon Blanc e Chardonnay.
In degustazione il Ribona, interessante vino in purezza di questa varietà autoctona a bacca bianca della provincia di Macerata, che infatti tempo fa usavano chiamare Maceratino. Il 2020, dal colore giallo verdolino, concede spazio a freschezza e bevibilità, mentre le annate 2019 e 2018, ove il colore si fa più intenso e dorato, oltre a sentori di prugna gialla, note agrumate e un delicato flavour di pera, sprigionano erbe officinali, dettaglio molto caratterizzante. Al palato persiste una equilibrata nota acidula, con un finale quasi sapido, ripassando echi agrumati e memorie di mirto.
La versione Superiore riconduce al nome delle vigne da cui provengono le uve, Recina, luogo di antichi insediamenti romani. Si raccoglie a mano in cassette e la fermentazione avviene con soli lieviti indigeni. Nelle tre annate proposte, 2020, 2019 e 2018 si apprezza certamente una maggiore complessità ed equilibrio, con note di erbe officinali e un finale sapido, soprattutto nell’annata 2018, che persiste permeandosi di note di menta e cardo.
Per i rossi, il San Donato Rosso Piceno DOP è costituito al 70% di Montepulciano e al 30% di Sangiovese e nelle annate 2019 e 2018 arriva a 13,5% Vol., con un affinamento di 10 mesi in botti e barriques. Di colore rosso porpora, tendente al rubino, questo vino si apre all’olfatto con piacevoli sentori di frutti di bosco e delicate note di cuoio, che maturando – nel 2018 si fanno più suadenti e calde – entrano nel palato con una spinta tannica non eccessiva. Intriganti le note speziate su annate sempre più rotonde che trovano un maggiore equilibrio nella persistenza finale.
Il vino rosso di punta dei Conti degli Azzoni è il Passatempo, 100% Montepulciano. Assieme al Sultano, un passito di Ribona 100%, fa parte dei “cru” della cantina. In degustazione le annate 2016, 2012 e 2008. Di colore dal rosso rubino con ombreggiature granata, fino al granata intenso, questo vino racconta nel nome le sue attitudini, facendo pensare alla compagnia e alla meditazione. Anche in questo caso, dal 2017 la fermentazione viene sviluppata con soli lieviti autoctoni. L’affinamento in legno è di 24 mesi, di cui parte in tonneau e parte in barriques. All’olfatto si apre con iniziali note balsamiche e di spezie, virando a sentori di polvere di caffè che evolvendo nelle annate, in particolare la 2008, rivela una sottile punta di liquirizia, infine libera una suadente morbidezza di confettura di prugne miscelata a fiori secchi. La tannicità si ingentilisce con gli anni, dalla 2016 in cui si contrappone a un finale moderatamente sapido, fino alla 2008 in cui la levigatura dei legni aggiunge morbidezza e una persistenza finale più fine ed equilibrata. La 2012 si rivela più calda, mentre la 2008 dimostra che questo vino ha una bella storia in divenire.
Tornando a Giacomo Leopardi e a L’infinito, nella poesia si legge questo passo:

odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno…

sembra raccontarci di un territorio, le Marche, immutevole, apparentemente fermo; invece entrandoci dentro, esplorando realtà come i Conti degli Azzoni, con la loro cantina, scopriamo tanto fermento, ricerca e volontà di giocare un ruolo importante ora e in futuro, assolutamente nel pieno della consapevolezza ambientale e umana.