Due anni fa accadde addirittura a maggio, quando un’ondata artica investì l’Europa con ingenti danni alle coltivazioni, frutteti e vigneti in primis. Quest’anno, dopo un mese di marzo con temperature decisamente primaverili, non ci si sarebbe aspettati nel periodo pasquale di vedere vigneti che assomigliano a grandi suggestivi bracieri, disseminati lungo i filari, a causa di un’ondata improvvisa di gelo notturno tardivo che ha colpito l’Europa in un momento molto particolare del risveglio vegetativo in cui si stanno formando i germogli. Una caduta libera con crollo delle temperature anche al di sotto dello zero, che ha determinato uno sbalzo di oltre 20 gradi nel giro di pochi giorni. A soffrire di più le zone pedemontane e collinari. In Friuli, nel Latisanese, si valutano perdite nei vigneti anche del 50%. In molte regioni, come Veneto e Toscana, si pensa allo  stato di calamità con tutte le misure consequenziali – rimodulazione degli impegni bancari, degli oneri fiscali e previdenziali – in un quadro economico già aggravato dalla pandemia. Mentre si valutano i danni, c’è chi ricorre a riscaldatori alimentati a olio, come in Borgogna: il fumo, però, se da una parte forma uno strato di smog che attenua il raffreddamento dall’altra è fonte di inquinamento. Alla Tenuta Luisa, a Mariano del Friuli, per limitare i danni e proteggere le viti da questa gelata improvvisa, si è adottata l’irrigazione antibrina a scopo termico e in linea con la sostenibilità. Un sistema che si basa sul principio che l’acqua durante il passaggio di stato, da liquido a solido, cede all’ambiente energia termica (calore latente di congelamento pari a 80 cal/g). Questo provoca un aumento della temperatura nel vigneto anche di 2-3 gradi. Inoltre, l’acqua solidificandosi e depositandosi in particolar modo sulle gemme le mantiene a una temperatura di 0 gradi, superiore alla soglia critica.